23 maggio 1916: partendo dalle ex postazioni della nostra artiglieria di Porta Renzola, abbandonate dai
serventi il giorno prima, un “distaccamento alpinistico”
austroungarico sale per il Coston di Portule – ancora
ingombro di neve – e attacca gli anziani e poco combattivi
soldati della “Territoriale” che il comando italiano ha posto
a difesa di quella che si rivelerà come la posizione chiave
dell’intera “Strafexpedizion”.
Rincalzati da due battaglioni
del 26° Landsturm, i soldati degli Asburgo sorpassano
il crinale e dilagano su tutto l’acrocoro sommitale dei
Sette Comuni, dirigendosi verso le testate delle valli di
Galmarara, Campomulo, Nos e scendono poi per esse alla
conquista della conca di Asiago. La montagna che, insieme
al Verena, sarebbe dovuta essere il nostro baluardo contro
il “nemico atavico” viene persa in qualche ora; occorrerà
aspettare il novembre del 1918, cioè la fine del conflitto,
perché di nuovo la bandiera italiana torni a sventolare
sulla sua sommità. Ancora oggi i segni di questi eventi
sono perfettamente leggibili sul terreno, a cominciare
dalle cannoniere italiane di Bocchetta Portule, trasformate
dagli austriaci in serbatoi di acqua potabile e stazione
intermedia in caverna per una delle otto teleferiche di
grande portata che da Monterovere e dai Larici rifornivano
la “dauerstellung”, la “linea di resistenza”, contro la quale
inutilmente si immoleranno nei successivi due anni le
migliori truppe dell’esercito italiano in battaglie divenute
epiche quali quelle dell’Ortigara, del Monte Forno,
dello Zebio.
Il Portule, non più direttamente coinvolto
nei combattimenti, diventa uno dei nodi fondamentali
della rete logistica austroungarica che, oltre ai trasporti
a fune e agli acquedotti, porta allo sviluppo di una fitta
rete di infrastrutture viarie quali la strada dell’Arciduca
Eugenio che ne attraversa tutto il fianco occidentale per
poi continuare, oltre la Bocchetta, verso i Monumenti
e Campo Gallina ove aveva sede il comando della VI
Divisione Feldjäger.
Al giorno d’oggi è difficile rendersi conto delle decine di
migliaia di soldati dell’Impero che per anni sono vissuti
quassù, estate ed inverno, dipendendo in tutto e per tutto
da quanto, dal basso, la duplice monarchia riusciva a far
loro arrivare.
La tranquillità e la pace sono tornate in queste plaghe,
interrotte solo di tanto in tanto dal passaggio di qualche
escursionista, di un gregge di pecore, di qualche
cacciatore.
La Natura ha rimarginato le ferite inferte dal
conflitto ed il Kempel, questo è l’antico nome del Portule
in Cimbro, è di nuovo uno splendido ambiente in cui gli
amanti della geologia, della vegetazione, della fauna e
delle scienze naturali in genere possono trovare di che
nutrire la loro passione.
Per raggiungere la sommità del Portule è conveniente
partire da Malga Larici seguendo la strada dell’Arciduca
Eugenio, segnavia C.A.I. n°826, fino a oltrepassare
l’impluvio della Val Renzola e raggiungere l’intaglio
di Bocchetta Portule e le sue cannoniere. Poco oltre
la Bocchetta il sentiero si stacca a sinistra della strada
e risale, in moderata pendenza, tutto il Filon di Portule
fino alla vetta; la vista è veramente eccezionale e spazia
dai Lagorai alle cime di Brenta, dai laghi di Levico e
Caldonazzo al Carè Alto, dal Verena alla laguna di
Venezia. Proseguendo in leggera discesa verso Nord ci si
affaccia agli erti pendii che salgono dalla Val di Sella e
dalla Valsugana; qui, sempre seguendo il segnavia C.A.I.
n°826, si prende il Coston di Portule che scende ripido
a Ovest.
Raggiunta in breve Porta Renzola si prende, in
direzione Sud, il sentiero in discesa fino a ricollegarsi in
corrispondenza dell’impluvio della Val Renzola con la
strada dell’Arciduca Eugenio, seguendo la quale in senso
inverso all’andata si torna a Malga Larici.
ATTENZIONE: la salita qui descritta è assolutamente
da evitare in presenza di innevamento, anche minimo,
stante l’alta probabilità di valanghe lungo tutto il traverso
sotto il Filon di Portule, tra l’impluvio della Val Renzola e
Bocchetta Portule
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